La Corte conclude che gli elementi e le informazioni portati a Sua conoscenza non stabiliscono l’esistenza di alcun legame di sovranità tra il territorio del Sahara Occidentale e il Regno del Marocco

Corte Internazionale di Giustizia

L'Aia, 16 ottobre 1975

giovedì 17 dicembre 2009

32 giorni in sciopero della fame



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sabato 5 dicembre 2009

Cronologia dello sciopero della fame dell'attivista saharaui Aminatu Haidar



Questi sono gli avvenimenti più importanti registrati dopo l’espulsione di Haidar da El Aaiún, occuppato dal Marocco, verso Lanzarote (Isole Canarie)

- 13 novembre: Aminatu Haidar è arrestata nell'aeroporto di El Aaiún, nel Sahara Occidentale, assieme ai reporter spagnoli Pedro Barbadillo e Pedro Guillén, quando ritornava da New York dopo di raccogliere il "Premio Coraggio Civile 2009" in un volo proveniente da Las Palmas di Gran Canaria.

- 14 novembre: Il Marocco, dopo 16 ore di interrogatorio, espelle da El Aaiún all'attivista per scrivere nello spazio “nazionalità” il Sahara Occidentale nella scheda di controllo di polizia, le requisiscono il passaporto e la spediscono a Lanzarote. Haidar accusa il governo spagnolo di complicità col Marocco.

- 16 novembre: Haidar inizia nell'aeroporto di Lanzarote uno sciopero della fame affinché le sia permesso di ritornare al Sahara Occidentale e sporge denuncia nel commissariato dell'aeroporto per la sua "espulsione illegale" dal Marocco e "sequestro" e "maltratto" in Spagna, contro la Guardia Civil, la compagnia aerea Canarias Aeronáutica e contro il comandante del volo che la ha portata a Lanzarote.

- 18 novembre: Haidar si ripara nel suo stato di salute per non comparire davanti ad un tribunale che la aveva convocata per una supposta alterazione dell'ordine pubblico.

- 19 novembre: Mezzo centinaio di persone si concentra di fronte al Ministero di Affari Esteri a Madrid per chiedere al Governo spagnolo che risolva la situazione dell'attivista. Il Ministro degli Esteri spagnolo Miguel Ángel Moratinos si riunisce col suo omologo marocchino per trattare il caso Haidar.

- 20 novembre: Il Ministero degli Affari Esteri propone a Haidar che, in caso di respingere la proposta del Marocco di ricevere un nuovo passaporto nel consolato marocchino in Canarie, può sollecitare la concessione dello statuto di rifugiata, ma l'attivista respinge entrambe le possibilità e il ministro degli Esteri spagnolo Moratinos insiste nel segnalare che il Governo spagnolo “non può fare di più”.

- Una trentina di eurodeputati asseconda "un appello urgente" a permettere il ritorno di Haidar.

- 21 novembre: 400 persone si concentrano in Lanzarote in difesa della causa saharaui. Contemporaneamente si organizzano manifestazioni e sit-in in ogni angolo della geografia spagnola in appoggio di Haidar e contro la connivenza del governo di Zapatero con il regime marocchino.

- 24 novembre: Attivisti saharaui e difensori dei diritti umani del Marocco e del territorio occupato del Sahara Occidentale sono protagonisti di un simbolico sciopero della fame di 24 ore nell'aeroporto di Lanzarote, in solidarietà con Haidar. Il Premio Nobel Jose Saramago invia una lettera d'appoggio a Haidar.

- 25 novembre: Il tribunale di Lanzarote rimette all'Udienza Nazionale –tribunale competente per reati di genocidio e crimini di lesa umanità– la denuncia presentata per Haidar lo scorso giorno 15 ed il Consiglio Generale dell'Avvocatura Spagnola, CGAE, afferma che la proibizione di uscita dalla Spagna dell'attivista, "contravviene il suo diritto fondamentale alla libertà di circolazione". Lo stesso ente reclama altresì al Ministro dell’interno affinché produca ” l’immediata autorizzazione “ di uscita per Haidar.

- 26 novembre: Il Governo USA reclama, attraverso la Segreteria di Stato, una soluzione per Haidar.

- 27 novembre: Il vicepresidente primo del Governo, María Teresa Fernández de la Vega, chiede a Haidar di abbandonare lo sciopero della fame e di facilitare l'uscita a questa crisi.

- 28 novembre: il Ministro degli esteri Moratinos offre a Haidar –molto indebolita nel suo decimo terzo giorno di sciopero– la nazionalità spagnola per risolvere la sua situazione.

- 29 novembre: Haidar respinge la proposta di Moratinos durante la riunione celebrata nell'aeroporto tra l’inviato del Ministero degli Affari Esteri, Agustín Santos, e l'attivista, e che fu interrotta quando questa soffrì uno svanimento. Il governatore delle Isole Canarie, Paulino Rivero, chiede l'intervento del capo del Governo, José Luis Rodríguez Zapatero.

- 30 novembre: il Tribunale d'Istruzione numero 8 di Arrecife, Lanzarote, impone una multa 180 euro a Haidar per un reato contro l'ordine pubblico mentre il Fronte Polisario avverte delle conseguenze "molto gravi" del deterioramento della salute di Aminatu Haidar.

- 1 di dicembre: La Spagna chiede l'intervento del segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, per risolvere la situazione.

-Un gruppo di 25 giovani universitari hanno sfruttato oggi la giornata di Porte Aperte del Senato per esibire cartelli e magliette con lemmi in appoggio all'attivista saharawi Aminatu Haidar e proclami per la "libertà" del Sahara Occidentale e la celebrazione di un referendum di autodeterminazione come più volte richiesto dall'ONU fin dagli anni 60.

- 2 dicembre: Il console marocchino nelle Canarie, Abderrahman Leibek, afferma che se Haidar “chiede perdono” al re del Marocco Mohamed VI, le sarà spedito un nuovo passaporto dal Marocco.

- 3 dicembre: Il presidente della Repubblica Araba Saharaui Democratica, Mohamed Abdelaziz, sollecita alla Lega Araba di intervenire. Il ministero degli Esteri spagnolo dà per chiusa la possibilità di ritorno al Marocco di Haidar.

- 4 dicembre: La Spagna mette a disposizione di Haidar un aereo medicalizzato per portarla da Lanzarote a El Aaiún. Il Marocco produce autorizzazione di sorvolo e atterraggio. Dieci minuti prima della partenza programmata, la torre di controllo dell’aeroporto di El Aaiún respinge l’autorizazzione, il motivo: doveva essere presentata 24 ore prima della partenza.

Il giudice dell'Udienza Nazionale Eloy Velasco respinge la competenza per istruire la denuncia presentata per Haidar contro Marocco e Spagna, e restituisce il caso al Tribunale di Istruzione numero 8 di Arrecife.

- 5 dicembre: Per terza volta consecutiva il Marocco nega l’autorizzazione di sorvolo e atterraggio all’aereo dell’Agenzia Spagnola di Cooperazione Internazionale allo Sviluppo (AECID). L’ultima di loro allega “motivi diplomatici”.

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domenica 22 novembre 2009

Saramago per Aminatou


Cara Aminatou Haidar,

se fossi a Lanzarote sarei al tuo fianco. E non perché tu sia una militante separatista, come ti ha definito l'ambasciatore del Marocco, ma esattamente per il contrario: credo che il pianeta sia di tutti e tutti abbiamo il diritto al nostro spazio per poter vivere in armonia. Credo che i separatisti sono quelli che separano le persone dalla loro terra, le cacciano, cercano di sradicarle perché, divenendo qualcosa di diverso da quello che sono, gli uni acquisiscano maggior potere e gli altri perdano la loro auto-stima e finiscano per essere inghiottiti dalla sopraffazione. Il Marocco con il Sahara viola tutte le regole della buona condotta. Disprezzare i sahrawi è la dimostrazione che la carta dei diritti umani non ha valore nella società marocchina, che non protesta per quello che si fa con i suoi vicini; ed è, soprattutto, l'evidenza che il Marocco non rispetta se stesso: chi è sicuro del suo passato non ha bisogno di espropriare chi sta al suo fianco per esprimere una grandezza che mai nessuno gli riconoscerà. Perché se il potere del Marocco riuscirà a piegare i sahrawi, quel paese, per altri versi ammirevole, avrà ottenuto la più triste delle vittorie, una vittoria senza onore, per nulla luminosa, acquisita sulla vita e sui sogni di tanta gente che voleva vivere in pace nella sua terra e con i suoi vicini per fare del continente, tutti insieme, un luogo più abitabile.

Cara Aminatou Haidar: hai dato un esempio valoroso riconosciuto in tutto il mondo. Non mettere in pericolo la tua vita perché davanti a te hai ancora da combattere molte battaglie, e tu sei necessaria. Noi, tuoi amici, amici del tuo popolo porteremo il testimone in tutte le sedi necessarie. Al governo di Spagna chiediamo che mostri sensibilità. Con te, con la tua gente. Sappiamo bene che i rapporti internazionali sono molto complicati, ma sono passati molti anni da quando è stasta abolita la schiavitù delle persone e dei popoli. Non si tratta di umanitarismo: le risoluzioni delle Nazioni unite, il diritto internazionale e il senso comune stanno da una parte sola, e questo in Marocco e in Spagna lo sanno.
Lasciamo che Aminatou ritorni a casa con il riconoscimento del suo valore, alla luce del sole, perché sono le persone come lei che danno personalità al nostro tempo, e senza Aminatu tutti saremmo più poveri. Il problema non ce l'ha Aminatou, ce l'ha il Marocco. E può risolverlo, dovrà risolverlo, e non rispetto a una fragile donna ma a tutto un popolo che non si arrende perché non può capire né la irrazionalità né la voracità espansionista, propria di altri tempi e di altri livelli di civilizzazione.

Un abbraccio molto forte, cara Aminatou Haidar.

José Saramago, 22 novembre 2009

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domenica 15 novembre 2009

STOP alla pesca UE nelle acque saharawi!





La pesca nelle acque del Sahara Occidentale non appartiene al Marocco. In realtà, le pretese del Marocco sul Sahara Occidentale sono state respinte dal Tribunale Internazionale di Giustizia, e non sono riconosciute dall'ONU. Le risorse naturali del Sahara Occidentale appartengono al suo legittimo popolo saharawi.

Firma la petizione FISH ELSEWHERE per costringere l'UE a smettere di firmare accordi illeciti di pesca col Marocco nelle acque del Sahara Occidentale, sperperando i soldi dei contribuenti UE.

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sabato 14 novembre 2009

Manifestazione a Madrid



Oggi 30.000 persone, secondo i dati dell'organizzazione, erano riunite a Madrid per ricordare il conflitto nel Sahara Occidentale. Il 14 novembre di 1975 firmando gli Accordi di Madrid, la Spagna cedeva la sua colonia alla Mauritania e al Marocco. Nonostante questo accordo non abbia mai avuto alcun valore giuridico, segnò l'inizio di un percorso di guerra, esilio e lunghissima attesa.
Il manifesto ricorda che gli Accordi di Madrid non hanno "valore giuridico né legittimità" e esorta il Governo spagnolo affinché assuma la sua responsabilità nel conflitto. "Non è incompatibile difendere i nostri interessi in Africa con la legalità internazionale e la giustizia". Naturalmente le numerose personalità della politica e della cultura che hanno partecipato al corteo non hanno dimenticato nei loro speech gli attivisti di diritti umani detenuti a Casablanca lo scorso ottobre, spronando il Governo marocchino alla loro immediata liberazione.

Aggiornamento: clicca qui per visualizzare le immagini della manif su saharalibre.es; qui per vedere il video su diagonalperiodico.net



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mercoledì 14 ottobre 2009

Attivisti saharawi "sotto tiro" per la loro visita a Tinduf


Amnesty International ha motivo di temere per l'incolumità di sette attivisti saharauis, arrestati e la detenuti in stato di incomunicabilità, contro cui potrebbero esserci false accuse. L'organizzazione chiede che siano liberati immediatamente: sono stati fermati unicamente perchè esprimono il loro appoggio all'autodeterminazione del popolo saharaui, in modo pacifico.

Ahmed Alansari, Brahim Dahane, Yahdih Ettarouzi, Saleh Labihi, Dakja Lashgar, Rachid Sghir ed Ali Salem Tamek sono stati fermati all’ 13:30 circa del pomeriggio dell’ 8 ottobre nell'aeroporto Mohamed V di Casablanca mentre tornavano dall'Algeria, dove avevano visitato gli accampamenti di Tinduf tra il 26 di settembre ed il 8 ottobre. Secondo i referti, sono stati arrestati non appena sono scesi dall’aereo.

I sette appartengono a varie organizzazioni di diritti umani e di altri gruppi della società civile, compresa la sezione saharauis dell'Associazione Marocchina dei Diritti umani, l'Associazione Saharaui dellei Vittime di Violazioni Gravi dei Diritti umani Commesse dallo Stato Marocchino (ASVDH) ed il Collettivo dei Difensori Saharauis dei Diritti umani (CODESA).

Molti di loro hanno lunghe esperienze di controllo e denuncia delle violazioni dei diritti umani nel Sahara Occidentale. Due di loro sono scomparsi per anni dopo l'arresto, come Dakja Lashgar, l'unica donna del gruppo, e Brahim Dahane sparito nel 1980 e rimesso in libertà nel 1991. Quattro sono stati nella prigione, tra questi Ali Salem Tamek, adottato da Amnesty International come "carcerato di coscienza".

L'agenzia ufficiale di notizie marocchina, in un comunicato emesso l’8 ottobre 2009, ha diffuso la notizia che il Procuratore Generale della Corona del Tribunale di Appello di Casablanca ordinava il trasferimento dei sette attivisti davanti alla polizia giuridica.

Nello stesso comunicato spiegava che gli attivisti erano stati fermati perché si erano riuniti con "organizzazioni di opposizione al Regno" tradendo l'interesse nazionale, alludendo probabilmente ai colloqui dei detenuti con rappresentanti del Fronte Polisario, meiatori del governo autoproclamato in esilio negli accampamenti di Tinduf. Secondo le relazioni i sette hanno partecipato a varie conferenze e iniziative organizzate per questa causa. Tutte queste azioni sono da considerare un esercizio pacifico e legittimo della libertà di espressione, associazione e riunione, garantita delle leggi e norme internazionali.

Le autorità marocchine non hanno informato i parenti della detenzione se non quattro giorni dopo, nelle prime ore della notte del 12 di ottobre, violando l'articolo 67 del Codice di Procedura Penale del Marocco ("[...] La polizia giudiziale deve notificare alla famiglia di un sospetto la sua situazione non appena decide di passare alla carcerazione preventiva garde à vue [...]). Inoltre, ai parenti è stato detto che non potevano visitare i detenuti proprio perchè in fermo preventivo, confermando i timori che il caso venga considerato in relazione alla sicurezza interna o esterna dello Stato. In questo caso, e secondo l'articolo 33 del Codice di Procedura Penale, la detenzione preventiva potrebbe durare un massimo di otto giorni, in attesa dell'autorizzazione della Procura Generale.

Amnesty International teme anche per la famiglia di un detenuto, che pare sia stata frustata dopo l'arresto del familiare. Nelle ultime ora della notte dell’11 di ottobre, poliziotti ed agenti delle forze ausiliari hanno circondato la casa di Ahmed Alansari, nel quartiere di Salam di Smara ostacolando perfino l'entrata ai parenti. Biba Lala Salkha, moglie di Ahmed Alansari, ha subito molestie verbaliè stata da agenti delle forze di sicurezza. L’11 ottobre si è recata presso la Procura Generale di Smara per presentare denuncia per la detenzione di suo marito e la forte presenza poliziesca davanti al suo domicilio, ma l'esposto non è stato accettato. Insieme ai suoi due figli maggiori hanno iniziato uno sciopero della fame di 48 ore il 12 di ottobre protestando per le persecuzioni di cui sono vittima.

Amnesty International richiede alle autorità marocchine di infomare circa l'esatta ubicazione dove i sette attisti sono attualmente detenuti, in custodia alla polizia giudiziale di Casablanca e che permettano loro di ricevere la visita dei parenti e degli avvocati nonchè le adeguate cure mediche.

Informazione complementare

L’arresto dei sette saharauis è avvenuta in un clima generale di incitamento contro gli attivisti dei mezzi di comunicazione marocchini e dei vari partiti politici che li tacciano di "traditori" ed in alcuni casi chiedono che siano puniti. Le visite familiari tra il Sahara Occidentale e gli accampamenti di Tinduf, nel sud-ovest dell'Algeria, si realizzano sotto la supervisione dell'ACNUR: gli attivisti saharauis hanno visitato già l'Algeria in precedenza.

In questa situazione si viola regolarmente anche il diritto ad uscire dal paese (articolo 12 del Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici, del quale il Marocco è stato aderente, che garantisce la libertà di circolazione). Per esempio, il 6 ottobre è stato impedito di andare in Mauritania a cinque attivisti saharauis. Dopo lunghi interrogatori e il sequestro dei documenti sono stati rilasciati senza nessuna spiegazione ufficiale sul perché non potessero recarsi in Mauritania.

Per le autorità marocchine, esprimersi pubblicamente a favore della legittima indipendenza saharaui dal Regno, continua ad essere un tabù nel Sahara Occidentale. Essi non perseguitano solo gli attivisti saharauis che chiedono l'autodeterminazione del territorio, ma anche con i difensori dei diritti umani saharauis che vigilano sulle violazioni dei diritti umani: sono continuamente intimiditi e fustigati fino ad essere processati.

Un ulteriore ostacolo al loro lavoro è l'impossibilità di iscrivere legalmente le organizzazioni per ritardi amministrativi dietro cui si nascondono i motivi politici.

In molte occasioni Amnesty International ha chiesto alle autorità del Marocco di garantire il pieno rispetto alla libertà di espressione, di associazione e riunione per tutti i saharauis. Questo è il diritto internazionale, lo stesso a cui si riferisce il Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici. Amnesty ha sollecitato che le autorità marocchine permettano ai difensori dei diritti umani saharauis di raccogliere e diffondere informazioni e opinioni senza paura di essere processati, perseguitati o intimoriti, come dispone la "Dichiarazione sul diritto ed il dovere degli individui, dei gruppi e delle istituzioni di promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali universalmente riconosciuti", approvata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 9 dicembre di 1998. link alla notizia; traduzione da www.saharawi.org

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sabato 10 ottobre 2009

Polizia marocchina arresta attivisti dopo visita a Tindouf

Lo scorso 8 ottobre, la Polizia Giudiziaria marocchina fermava nell'aeroporto di Casablanca vari attivisti saharawi di diritti umani, dopo che le autorità marocchine hanno saputo che questi avevano viaggiato ai campi profughi saharawi di Tindouf (Algeria). Secondo un comunicato del Procuratore Reale del Tribunale di Appello di Casablanca, la detenzione di queste persone è stata ordinata dopo l'informazione apparsa in vari mezzi di comunicazione ed i lamenti di alcuni partiti politici per il suo viaggio a Tinduf.

L'Associazione di Vittime di Violazioni Gravi di Diritti Umani (ASDVH) il cui presidente, Brahim Dahane, sta tra quegli arrestati, informò della detenzione, che "denuncia fermamente", e chiese la sua "liberazione immediata."

Assieme a Dahane sono stati arrestati ed interrogati altri cinque attivisti pro saharawi, tra i quali si trova il segretario generale del Collettivo di Difensori saharawi dei Diritti umani, CODESA, Ali Salem Tamek.

Secondo la Procura, i dati editi dalla stampa segnalano che, durante il lorosoggiorno aTindouf, questi attivisti si misero in contatto con "parti ostili al Marocco", cioè, con alte cariche della sicurezza militare algerina, per quello che "attentarono agli interessi superiori della nazione."

Diverse organizzazioni politiche e non, hanno mostrato il loro malessere per la visita degli attivisti a Tindouf. In questa linea, il Ministro di Comunicazione e portavoce del Dirigente, Jalid Naciri, indicò oggi durante la conferenza stampa del Consiglio dei Ministri che il Governo "non rimarrà di braccia incrociate davanti alle provocazioni contro l'integrità territoriale del regno."

Da parte loro, i detenuti manifestarono in una conferenza stampa ad Algeri che le critiche versate dal Marocco dimostrano "le bugie" del piano di autonomia marocchina proposto agli abitanti del Sahara Occidentale in cambio della rinuncia al loro diritto di autodeterminazione.

"Dov’è il reato quando un saharawi visita ad un altro, è quello il piano di autonomia ed i diritti che ci offre il Marocco"?, si domandò Dahane, ed accusò Rabat di pretendere col suo atteggiamento di dividere in due ai saharawi e provocare un conflitto tra loro.

Ugualmente, Dahane considerò che la reazione del Marocco al suo viaggio fa parte di "una campagna orchestrata per i partiti politici marocchini, intensificata negli ultimi mesi, per fermare ed ostacolare l'attività dei difensori dei diritti umani saharawi."

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