La Corte conclude che gli elementi e le informazioni portati a Sua conoscenza non stabiliscono l’esistenza di alcun legame di sovranità tra il territorio del Sahara Occidentale e il Regno del Marocco

Corte Internazionale di Giustizia

L'Aia, 16 ottobre 1975

domenica 1 giugno 2008

SAHARA OCCIDENTALE: Le ragioni di una lotta.

opera di Fadel Jalifa, pittore Saharawi.

Il Sahara Occidentale, un territorio grande quasi come l’Italia, è stato riconosciuto come “territorio non autonomo” dall'ONU nel 1965. In quel anno fu deciso che la Spagna, amministratore de jure del territorio, dovesse cooperare con la comunità internazionale per favorire un processo di decolonizzazione, promosso dal Consiglio di Sicurezza e dall‘Assemblea Generale ONU. Nei seguenti 10 anni, la Mauritania, l’Algeria ed il Marocco premono sul governo di Franco perché abbandoni il territorio, appoggiando l’azione armata del Frente POLISARIO[1] contro l’esercito spagnolo ed allo stesso tempo promuovendo diverse risoluzioni delle Nazioni Unite per il rispetto del diritto di autodeterminazione delle colonie. Paradossalmente era proprio il popolo Saharawi, con la lotta dei suoi uomini, a favorire la fine dell’occupazione francese e spagnola del Marocco nel 1956.


Nel 1974 la Spagna poneva fine all’occupazione, durata 90 anni – ormai logora per l’azione del crescente movimento di indipendenza, alla cui testa era il Frente POLISARIO – accettando la proposta delle Nazioni Unite di referendum per l’autodeterminazione e preparando un censimento degli aventi diritto al voto.

Hassan II, Re del Marocco, padre dell’attuale tiranno Mohammed VI, contesta la decisione e, onde evitare quel referendum scontato che avrebbe dato l’indipendenza al Popolo Saharawi, chiede un parere alla Corte Internazionale di Giustizia villantando un presunto titolo di sovranità sul territorio del Sahara Occidentale. Il referendum si posticipa automaticamente sine die.

Nel 1975, la Corte di Giustizia Internazionale rifiuta per “non avente titolo” la richiesta di sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale, ammettendo solo che prima dell’occupazione Spagnola esistevano dei rapporti tra le tribù saharawi e il Sultano del Marocco. Questo servirà al regime per propangadare alla popolazione marocchina l’invasione di quei territori, peraltro in un momento di crisi per la monarchia nazionale. Così promuove pubblicamente la "Marcia Verde", un’invasione di 350.000 civili scortati da 25.000 soldati finalizzata a colonnizzare il territorio del Sahara Occidentale, mentre il popolo Saharawi, costretto alla fuga, viene bombardato dall’aviazione con bombe al Napalm e Fosforo bianco. La propaganda mediatica descrisse gli eventi come la crociata da una nazione oppressa contro il governo di Franco, tacendo però le dimostrazioni di migliaia di Saharawi, contro l’invasione Marocchino–Mauritana e il loro conseguente sterminio. L’importante contingente inviato dal governo franchista per proteggere le frontiere, sarà sopraffatto dalla invasione di civili marocchini inermi. Peraltro in quei giorni Franco giace esanime nel letto di morte: il piccolo e sanguinario dittatore spagnolo decede il 20 novembre dello stesso anno. La codarda risposta spagnola è quella di negoziare col Marocco e la Mauritania la spartizione della colonia. I tre governi firmano un accordo tripartito, segreto ed illegale – gli Accordi di Madrid, 14 novembre 1975 – che prevede il ritiro unilaterale dell’esercito spagnolo, e la conseguente destinazione dei territori: i 2/3 settentrionali al Marocco e l’1/3 meridionale alla Mauritania. La contropartita viene misurata nella possibilità di mantenere una posizione privilegiata nello sfruttamento delle immense risorse naturali del Sahara Occidentale. Questo atto illecito è ben visto dalla Francia e dagli Stati Uniti, ma fermamente condannato dall'ONU in più di 70 risoluzioni.

Il regno del Marocco, una delle ultime monarchie assolutiste nel mondo, ma de facto un importante protettorato francese ed americano, ha rifiutato finora, nella più assoluta impunità, tutte la decisioni dell’ONU e la possibile soluzione di pace volto a risolvere l'ultimo caso di decolonizzazione in Africa.

Il Frente POLISARIO, costituito nel 1973 per lottare contro la presenza coloniale spagnola, intraprende una lotta di guerriglia durata 16 anni, con soli 15.000 combattenti per la libertà contro i più di 200,000 militari marocchini armati dai francesi e gli americani. Il POLISARIO, alla fine anni ‘70, riesce coi pochi mezzi a disposizione ad agire sui tre quarti del territorio, ottenendo il ritiro definitivo della Mauritania nel 1979 e soprattutto autoproclamando la Repubblica Araba Sahrawi Democratica nel 1976[2]. Solo l’appoggio finanziario e politico francese, statunitense e saudita sovverte quest’ordine ed all’inizio anni ‘80 il POLISARIO si ritrova confinato nella sottile striscia orientale, che ad oggi è riconosciuta come territorio liberato. L’amministrazione Reagan progetta e finanzia la costruzione del Muro della Vergogna lungo 2.720 km. ed alto 6 metri, per impedire agli uomini del Frente, agli anziani, alle donne e ai bambini, il legittimo ritorno nei territori. Ad oggi i saharawi rimangono segregati nei campi profughi di Tindouf, nel sud del deserto dell’Algeria, definita come una delle zone più inospitali del pianeta. Nelle vicinanze del muro si calcola siano distribuite circa 6 Milioni di mine antipersona, facendo di quest'area la zona più minata al mondo. Nuovamente i soldi dei contribuenti statunitensi materializzano il triste primato.

Nel 1991 i negoziati mediati dall’ONU e l’OUA – oggi Unione Africana – conducono alla firma del cessate il fuoco tra Marocco e Frente POLISARIO e presuppone l’imminente celebrazione del referendum, concepito affinchè sia il popolo a decidere se esercitare il diritto di autodeterminazione. Il Marocco procede imperterrito al genocidio dei saharawi, avvelenando i pozzi d’acqua e mandando nuovi contingenti di coloni civili, un totale di circa 150.000 saranno inviati negli anni seguenti. Contemporaneamente le Nazioni Unite concordano l’invio di una missione – MINURSO[3] – per vigilare sul rispetto del cessate il fuoco nonché il corretto svolgimento del referendum, per cui si stabilisce una data, prevista per il gennaio del 1992. Il Marocco richiede l’inclusione di 180.000 nomi nelle liste elettorali, del tutto estranei al territorio.

Nel 2005, nella zona dei territori occupati controllata dal Marocco, in tutte le città e villaggi si diffonde una fragorosa contestazione popolare Saharawi, nota come Seconda Intifada. Questa popolazione organizza quotidianamente dimostrazioni pacifiche e sit-in, affrontando a viso aperto il tremendo apparato militare, paramilitare e dei corpi di sicurezza marocchini. Numerose Organizzazioni Internazionali riportano le continue violazioni dei diritti umani commesse dalle forze marocchine contro i civili Saharawi, verso cui la MINURSO sembra sorda e cieca. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha ignorato, in accordo con gli USA e la Francia, questa realtà, nonostante l'Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite renda pubblico nel 2006 un rapporto, confermando questi abusi.

Appare dunque lampante come il Marocco abbia tradito sia l’appoggio anti-imperialista concesso in passato dal popolo Saharawi e sia la propria memoria di popolo oppresso, promuovendo invece i deliri di grandezza di una monarchia assolutista travestita da pseudo-democrazia abilmente sostenuta con la più bieca propaganda. Meno comprensibili appaiono le ragioni per cui le potenze economiche mondiali non assumono ferme posizioni davanti a tali soprusi.

Il Marocco depreda sistematicamente le risorse naturali del Sahara Occidentale dal 1975[4] sfruttando i diversi appoggi internazionali. In quell’anno fa sua la più importante miniera di fosfati al mondo, nella regione di Bou Craa, dove parte il nastro portante tutt’ora più lungo del pianeta –100km. ca.– destinato al porto di El Aayoun, capitale del Sahara Occidentale; fa anche sue le acque territoriali del Sahara Occidentale (note come le più ricche in risorse ittiche dell'intero Oceano Atlantico), e inizia lo sfruttamento delle enormi quantità di sabbia minerale delle dune (insostituibile per le spiagge artificiali europee e la costruzione). Ancora sconosciuta è invece la presenza di riserve offshore di gas e petrolio.

Così il popolo del Sahara Occidentale aspetta la fine di un processo di decolonizzazione che sarebbe potuto finire nel 1975 e invece nulla sembra cambiare, complice l’intransigenza marocchina, l’inoperatività dell’ONU e l'appoggio dei grandi potenti, che vedono nella dittatura del Marocco un servile alleato ed un regime obbediente.

Accanto alla Francia, agli USA e alle Organizzazioni Internazionali a loro facenti capo, sono ampiamente implicate nello sfruttamento delle risorse naturali di questa terra anche la Spagna e l'Unione Europea, nonostante la forte opposizione della società civile spagnola e dell’opinione pubblica europea a conoscenza dei fatti. Il governo di Zapatero (e prima quello di Aznar, così come di Felipe González) hanno sempre lavorato negli interessi dei pescherecci spagnoli dimenticando l’enorme responsabilità nella truffa al popolo Saharawi. L’Unione Europea negozia le quote di pesca nel territorio sahariano direttamente col governo di Mohammed VI, violando il Diritto Internazionale e Comunitario. La credibilità della MINURSO è compromessa non solo dalla sua cronica incapacità, ma anche dei torbidi rapporti del proprio personale con le autorità marocchine portando a termine lucrose attività di contrabbando. Sono anche constatati casi di violenza sessuale sulle giovani ragazze saharawi da parte dei cosiddetti peacekeepers, tutti opportunamente archiviati dalla Francia e dagli USA in quanto membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU. La Corte Internazionale di Giustizia, la Carta delle Nazioni Unite, le risoluzioni ONU ed il Diritto Internazionale confermano il diritto del popolo Saharawi all’autodeterminazione. Nessun corpo internazionale o paese riconosce la sovranità del Marocco sul Sahara Occidentale. Ad oggi solo la Francia e gli Stati Uniti sostengono l’ultima truffa marocchina, ovvero la proposta di “autonomia provinciale all’interno del Regno del Marocco” per le province sahariane, a tutti gli effetti un territorio che il Marocco tenta di annettere con l'uso della forza, contravvenendo alla normativa internazionale, o implementando quella legge della giungla che i grandi poteri sembrano essere disposti a imporre.

[1] Frente POLISARIO: Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro (rispettivamente regione nord e regione sud del Sahara Occidentale).

[2] La Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) è uno Stato riconosciuto da oltre 80 nazioni (latino americani ed africani nella maggioranza) così come dall’Organizzazione per L’Unità Africana (OUA) e l'Unione Africana (UA)

[3] MINURSO: Misión de las Naciones Unidas para el Referéndum en el Sahara Occidental.

[4] Nel 2002 l'ONU si pronunciò sull’illegittimità di questo sfruttamento. L’organizzazione Western Sahara Resource Watch (www.wsrw.org) lavora da anni per organizzare campagne internazionali contro il capitale generato dallo sfruttamento di questa situazione. Grazie a loro, petrolieri di tutto il mondo hanno dovuto abbandonare lavori di esplorazione nel mare sahariano.

a cura di AX

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